L´Italia verso il 3,5% del PIL in armi
Meloni promette miliardi alla NATO
Ma il conto chi lo paga?
Opposizioni mute o incoerenti, Trump all’orizzonte, dazi in arrivo. E i risparmi degli italiani diventano un bersaglio

foto governo.it
Giulio Ambrosetti
Nella prima puntata del nostro approfondimento sulle spese che i 32 Paesi che fanno parte della NATO dovrebbero sostenere ogni anno per tenere in piedi la stessa NATO ci siamo posti una domanda: perché il Governo italiano di Giorgia Meloni ha accettato un accordo folle che punta, in dieci anni, a versare il 3,5 del Prodotto Interno Lordo (PIL), più l’1,5% di spese comunque legate a questa alleanza militare sulla carta difensiva? In totale, sarebbero circa 110 miliardi all’anno. Come abbiamo già raccontato (https://www.websicilianews.it/politica/nato-spesa-militare-al-35-del-pil-laccordo-cegrave;-i-soldi-no.asp), in realtà fa testo il 3,5% del PIL, che per l’Italia equivale a un esborso di poco più di 70 miliardi di euro all’anno. Vero è che questa cifra dovrà essere sborsata dal decimo anno in poi. Ma è anche vero che, partendo dal 2% del PIL, che è quanto previsto dall’accordo NATO del 2014 mai rispettato, il nostro Paese dovrebbe versare, non abbiamo capito se a partire da quest’anno o se dal prossimo anno, non meno di 45 miliardi di euro. Facciamo gli ottimisti: considerato gli ottimi rapporti della Meloni con Trump, l’Italia potrebbe cominciare con l’1% del PIL: ma sarebbero sempre 21-23 miliardi di euro. Da dove dovrebbe prenderli ‘sti soldi il Governo Meloni se, alla fine dello scorso anno, per mettere in piedi la manovra economica e finanziaria 2025, ha dovuto fare i salti mortali per trovare 5 miliardi di euro per chiudere la citata manovra?
Le opposizioni di centrosinistra scalpitano contro il Governo di centrodestra. Peccato che ‘L’avvocato del Popolo’, al secolo Giuseppe Conte, quando nel 2018 ha messo piede a Palazzo Chigi, ha trovato il 2% del PIL da corrispondere alla NATO. Ma non ha contestato l’accordo che ha trovato (qui un articolo: https://pagellapolitica.it/articoli/conte-spesa-difesa-nato-2-per-cento)
Come altri Paesi NATO - quasi tutti in verità - il Governo Conte si è limitato a far pagare all’Italia meno del 2% del PIL. Oggi Conte contesta l’accordo. Perché non lo ha contestato quando era capo del Governo italiano? E perché non lo ha contestato quando il Movimento 5 Stelle appoggiava il Governo di Mario Draghi? Il Movimento 5 Stelle vuole l’Italia fuori dalla NATO? Antonio Misani, responsabile economico del Partito Democratico, critica l’accordo (qui un articolo: https://partitodemocratico.it/nato-misiani-pd-con-accordo-al-5-piu-tasse-e-tagli-a-scuola-e-a-sanita/ ). Ma anche lui e il suo partito hanno governato l’Italia dal 2014 al 2018 e dal 2019 al 2022. Non ricordiamo di aver visto il PD contrario alla NATO: anzi.
Ma, a parte le polemiche strumentali di un’opposizione che non ha molti argomenti, rimane la domanda: dove e come il Governo Meloni pensa di trovare i soldi per pagare alla NATO non abbiamo capito se l’1% del PIL (21-23 miliardi di euro) o il 2% del PIL (45 miliardi di euro circa)? E’ evidente che l’attuale esecutivo sta giocando a carte coperte. Ci rifiutiamo di credere che la Meloni e i suoi Ministri punteranno ad appioppare agli italiani nuovi balzelli, o a effettuare nuovi tagli alla sanità, alla scuola, alle Regioni, ai Comuni e via continuando. Le ipotesi alternative potrebbero essere due. Il condizionale è d’obbligo, perché in questi casi si ‘viaggia’ nel campo delle ipotesi. La prima ipotesi è che il Governo Meloni, in un modo o nell’altro, conta di trovare questi soldi. La seconda ipotesi è che lo stesso Governo Meloni ha siglato un accordo con Trump per restare nella NATO senza tirare fuori i soldi.
Partiamo dalla prima ipotesi. Ormai il bilancio dello Stato italiano è scarno. Né è pensabile, ribadiamo, continuare a ‘tosare’ famiglie e imprese del nostro Paese con nuove imposte e nuove tasse. Così come non sono pensabili nuovi tagli. L’unica ‘riserva’ a cui attingere non può che essere il risparmio privato degl’italiani, che al 31 Dicembre 2024 ammontava a poco più di 6 mila miliardi di euro, in aumento di mille miliardi rispetto al 2023. Per inciso, l’aumento del 20% circa del risparmio privato tra il 2023 e il 2024 ci dice che gli italiani sono preoccupati per l’andamento dell’economia e spendono meno, aumentando, per l’appunto, il risparmio. Fino ad ora i Governi italiani hanno attinto al risparmio privato? Sì, con l’emissione di BTP (Buoni Poliennali del Tesoro). I risparmiatori italiani sono ottimisti: pensano di guadagnare con i BTP, anche se il debito pubblico del nostro Paese ha superato i 3 mila miliardi di euro… Volendo, non dovrebbe essere difficile acciuffare 21-23 miliardi di euro (nel caso di un esborso dell’1% del PIL) o 45 miliardi di euro (nel caso di un esborso del 2% del PIL). Ma quanto potrebbe durare questo giochetto? Siamo certi che i risparmiatori privati italiani non cominceranno a fare ‘due più due’? Di più. Sull’Italia pesa una seconda spada di Damocle: il possibile nulla di fatto in materia di accordi commerciali tra Unione europea e Stati Uniti d’America. Sono tre i Paesi Ue che, da soli, sono, chiamiamoli così, i responsabili di oltre l’80% del surplus commerciale con l’America: Germania, Irlanda e Italia. La Germania, con l’export dei propri prodotti verso gli USA, guadagna ogni anno circa 80 miliardi di euro; l’Irlanda guadagna ogni anno circa 50 miliardi di euro; l’Italia, esportando i propri beni in America, guadagna ogni anno da 40 a 45 miliardi di euro. Trump, che ha ereditato un deficit federale spaventoso, ha detto a chiare lettere che deve ridurlo di almeno il 50% con le buone o con le cattive. Le ‘buone’ sono gli accordi commerciali; le ‘cattive’ sono i dazi doganali. Nell’uno o nell’altro caso, il Governo Meloni deve mettere nel conto una perdita di almeno 20 miliardi di euro: di più sì, meno no. A questi 20 miliardi e forse più andranno aggiunti i problemi sociali, perché ci saranno chiusure di aziende e licenziamenti. Insomma, un’altra barca di soldi da trovare. Attingeranno come sempre dal risparmio privato?
Lo scenario descritto rientra nella prima ipotesi. Poi c’è la seconda ipotesi di cui non si sa nulla, ammesso che esista. Ebbene, ammettiamo che esista una seconda ipotesi di accordo segreto. Leggiamo un post di un canale Telegram a proposito dei rapporti tra la Meloni e l’America di Trump: “La presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha espresso ammirazione per la festa dell'Indipendenza degli Stati Uniti, considerandola un simbolo dei valori di uguaglianza, democrazia e libertà che rappresentano l'identità americana. Ha sottolineato la stretta collaborazione tra Italia e USA, evidenziando che condividono molte posizioni sui temi internazionali, il che rafforza l'unità e la forza dell’Occidente nell’affrontare le sfide globali. "Italia e Usa oggi su tanti dossier parlano la stessa lingua, è un elemento molto positivo nel complesso quadro internazionale che stiamo affrontando". La Meloni conclude dicendo che i rapporti tra Italia e America “si basano su lealtà, rispetto reciproco e consapevolezza del valore della solidarietà, anche quando gli interessi non coincidono perfettamente”. Come fare ‘coincidere’ gli interessi tra Italia e USA? Gli accordi potrebbero essere tanti. Ricordiamo che Trump, prima di iniziare a ridurre il deficit commerciale del proprio Paese, quindi prima di cominciare a discutere a ‘colpi di dazi doganali’, ha proposto al Canada e al Regno Unito di entrare a far parte degli Stati Uniti d’America. Lo proporrà anche all’Italia?
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