10 ottobre 2025

Quando l´uomo si crede Dio




Quando l´uomo si crede Dio

“Dio è morto. E noi lo abbiamo ucciso.”

Nietzsche non esultava. Non celebrava una liberazione, ma lanciava un avvertimento: quando Dio scompare, chi prende il suo posto? L’uomo. Ma l’uomo non è eterno, né perfetto. Eppure si proclama Dio, misura assoluta del bene e del male, e così nasce una nuova era di corruzione e indifferenza.

L’isola di Epstein ne è l’esempio estremo. Un piccolo lembo di terra trasformato in santuario del potere e dello sfruttamento, dove il corpo umano diventa merce e l’innocenza è calpestata. Qui il piacere e il dominio diventano legge, e chi avrebbe diritto a giudicare il male viene messo a tacere dal denaro e dall’influenza. La banalità del male si manifesta con lucidità: non grida, non appare, ma si struttura come sistema, invisibile agli occhi di chi si vuole cieco.

Non è solo un’isola lontana. In molte guerre moderne la morte è diventata routine. Il dolore diventa statistica, la perdita di vite innocenti si dissolve nei numeri dei notiziari. La morte non è più tragedia, ma abitudine. L’indifferenza anestetizza la coscienza. Il male, allora, non ha bisogno di celebrazione: è la normalità stessa che lo alimenta.

In questa epoca di potere assoluto emerge anche un nuovo transumanesimo, in cui l’uomo non è più soggetto, ma dato, algoritmo, prestazione. La compassione diventa debolezza,  la famiglia ostacolo, la coscienza un retaggio antico. L’“antiuomo” è l’ideale: una creatura senza sentimenti, senza memoria, senza affetto. Chi ancora sente, ama o protegge la vita appare come un dissidente da isolare o annullare, perché ogni valore umano è considerato scomodo.

Eppure, persiste un richiamo. Non quello di Dio come potere assoluto, ma del sacro nell’umano: la scintilla che ricorda che l’uomo non è solo mente, né solo corpo, né solo funzione. Che la tenerezza non è errore, ma resistenza. Che ogni volta che qualcuno sceglie di non essere utile ma umano, il male sistemico subisce una crepa.

In questo contesto, ogni gesto di compassione, ogni atto che tutela la dignità di un altro essere umano, diventa un segnale di ribellione. L’oscurità può essere profonda, ma non è invincibile, finché qualcuno osa essere umano. E in quel coraggio risiede la possibilità di ritrovare se stessi e ricordare che l’umanità, anche davanti all’indifferenza, ha ancora valore.

Adriana Cavasino


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