14 agosto 2025

Un colosso da miliardi ma chi paga il conto?


Costi enormi, tempi incerti e dubbi sull’utilità: i rischi di un’opera che potrebbe gravare per decenni sulle casse pubbliche



Un colosso da miliardi ma chi paga il conto?

Giulio Ambrosetti

In Sicilia, negli ultimi vent’anni, l’unica grande opera pubblica completata è stata l’autostrada Palermo-Messina. E non è stato, come dire?, un bel  completamento, perché non sono ancora state eliminate le criticità. Da un paio di anni si dice che per il completamento della nuova autostrada Agrigento-Caltanissetta manca solo uno svincolo: e continua a mancare, perché l’opera non è ancora stata completata. Nel Settembre dello scorso anno, a poco più di tre mesi dall’inizio delle manifestazioni legate ad ‘Agrigento Capitale della Cultura 2025’, l’attuale assessore regionale alle Infrastrutture, Alessandro Aricò, si era impegnato a “rendere totalmente accessibile” la nuova autostrada Palermo-Agrigento (qui un articolo: https://www.palermotoday.it/cronaca/riaperti-otto-chilometri-palermo-agrigento.html ). Ma il completamento dei lavori per questa arteria stradale non si è materializzato.

L’elenco è lungo: che dire della cosiddetta ‘Nord-Sud’, la strada a scorrimento veloce Mistretta-Gela, in costruzione dalla fine degli anni ’50 del secolo passato? E che dire del Passante ferroviario di Palermo con lavori iniziati nel 2008? E che dire della Circumetnea, grande opera che ricorda tanto la tela di Penelope? 

Da qui una domanda: se le citate grandi opere pubbliche siciliane scontano ritardi enormi, perché credere che il completamento del Ponte sullo Stretto di Messina avverrà nel 2033?

Di più: fino ad oggi, i costi di tutte le grandi opere pubbliche siciliane, a partire dagli anni ’90 del secolo passato, sono nella migliore delle ipotesi raddoppiati e in tanti altri casi triplicati. Siamo sicuri che per realizzare il Ponte sullo Stretto di Messina basterebbero 13,5 miliardi di euro? 

Gli ambientalisti parlano di impatto ambientale. Da quello che leggiamo chi potrebbe farne le spese sono i volatili. Con tutto il rispetto per gli ambientalisti, a noi questa sembra un’esagerazione, perché esiste, in natura, quella che si chiama capacità di adattamento. In ogni caso, un’opera pubblica così importante non può essere fermata per i volatili. 

Un problema potrebbe essere rappresentato dal fatto che il Ponte sullo Stretto vedrebbe la luce in un’area sismica. In genere, si fa riferimento al terremoto e al maremoto del 1908. Però su questo punto bisogna essere onesti e ammettere che le tecnologie, rispetto a oltre 100 anni fa, sono molto cambiate in meglio. Ci rifiutiamo di credere che i progettisti non abbiano tenuto conto della sismicità del luogo: sarebbe una follia bell’e buona. 

Altro problema: il vento. Da quello che si capisce, nei giorni di vento medio forte e forte, il Ponte non sarebbe percorribile né per le auto, né per i treni.

Ma il vero problema che la realizzazione del Ponte incontrerà sarà politico e sociale. A tanti siciliani non piace l’idea che ad intestarsi la realizzazione del Ponte sullo Stretto di Messina sia il segretario nazionale della Lega, Matteo Salvini. Forse, prima di iniziare tutto l’iter di un’opera che impatta sulla vita dei siciliani e dei calabresi sarebbe stato opportuno un referendum per lasciare decidere ai cittadini di queste due Regioni se realizzare o meno il Ponte. Fissando il principio che la maggioranza per il “Sì” alla realizzazione del Ponte dovrebbe essere raggiunta sia in Sicilia, sia in Calabria. Si chiama Democrazia. 

Gli appalti, infine. Da quello che si capisce, le imprese coinvolte non hanno nulla a che vedere con Calabria e Sicilia: sono la Webuild, Eurolink (un consorzio del quale la stessa Webuild detiene una quota del 45%), la spagnola Sacyr (18,7%), la Condotte d’Acqua (15%), la CMC (13%), la giapponese IHI (6,3%) e il Consorzio ACI (2%). Siamo alle solite. Sicilia e Calabria trattate come due colonie. Questo non giova.


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